Interviste ai docenti – Micaela Bianco
Micaela Bianco fisioterapista di professione inizia a praticare la Biodanza nel 1998. Nel 2002 si titola come insegnante presso la Scuola di Formazione di Biodanza, Sistema Rolando Toro di Padova. Successivamente si specializza in Biodanza per bambini e adolescenti – Biodanza acquatica – L’Identità e i 4 elementi – Biodanza e integrazione del femminile – L’albero dei desideri – Voce, musica, percussioni – Progetto Minotauro – La Parola in Biodanza – Biodanza clinica. Dal 2002 conduce corsi settimanali e stages di Biodanza® per adulti, per bambini, per gruppi con disagio mentale, per operatori sociosanitari, per gruppi di donne.
Partiamo dalla sua biografia: quando e come si è avvicinata alla biodanza?
Ho lavorato fino a due anni fa come fisioterapista, questa è la mia base professionale e certamente la ricerca sul movimento è il filo conduttore che lega tutte le attività della mia esistenza. La Biodanza si è affacciata nella mia vita ventitré anni fa. Si trattava per me di una fase esistenziale caratterizzata dalla ricerca di senso: come muovermi nel mondo e nella mia esistenza. Penso che la Biodanza sia una di quelle pratiche che incontri quando sei pronta a incontrarla, almeno per me è stato così. Me ne sono innamorata subito perché mi ha riconnesso con il piacere di vivere e con la percezione di essere “intera”, senza distinzione tra spirito e corpo. È una pratica che favorisce l’esperienza di sé in modo integrato: in Biodanza si utilizza il termine vivencia, che in italiano potrebbe essere reso con “esperienza diretta, nel momento presente”, l’essere presenti nella propria interezza, nel qui e ora. La dimensione di integrità e interezza che questa pratica riesce a dare è unica. Da molti anni ormai mi muovo all’interno del Movimento della Biodanza e da alcuni anni sono alla direzione di una scuola di formazione, in Polonia.
Ci racconti un’esperienza che l’ha segnata da quando ha iniziato questo percorso
Sento di essere stata testimone di molti processi, di passaggi che ho visto accadere nelle persone, nella direzione di un aumento del benessere esistenziale, non solo fisico (sebbene ci sia anche molto movimento del corpo e non ci sia preclusione rispetto all’età o alle difficoltà motorie). Tra le esperienze più significative ricordo quella presso la casa di riposo Carisma, all’interno del Nucleo Alzheimer. Le stesse operatrici che vi lavorano si sono profondamente emozionati nell’assistere alle reazioni dei pazienti che hanno partecipato all’esperienza. Ecco, l’aspetto della meraviglia nella Biodanza arriva in modo subitaneo. Un’altra esperienza toccante è certamente quella con un gruppo di donne operate al seno, dopo la mastectomia: la meraviglia nella riconquista del piacere del proprio corpo, nel ricominciare a sentire la libertà espressiva e il piacere di essere quello che si è, la riconnessione con quello che si sente. E in una dimensione collettiva (la Biodanza è una pratica di gruppo, non individuale) si genera una dimensione di intimità che è nello stesso tempo universale, ci restituisce il senso di appartenenza alla comunità umana, un bellissimo paradosso. Le applicazioni della pratica ai diversi ambiti clinici riescono ad essere spesso estremamente toccanti e significative.
La Biodanza è peraltro nata in ambito psichiatrico: Rolando Toro Araneda, psicologo, antropologo e poeta, il creatore della pratica, negli anni 60’ iniziò proponendola nei reparti psichiatrici, con lo scopo di ricondurre a una dimensione più umana e umanizzante l’approccio ai pazienti. Dalle prime esperienze in questo ambito clinico si è poi aperta e sviluppata come proposta rivolta a gruppi di persone di qualunque età e contesto. Oggi è diffusa in tutto il mondo.
Quali sono i benefici psicofisici che riscontra nelle persone che cominciano ad approcciarsi a questo tipo di percorso
Sicuramente lo stato di benessere che immediatamente la pratica procura. All’inizio la persona fatica a capire la fonte di questo benessere, ma di solito non vede l’ora che arrivi la settimana successiva per l’appuntamento con la Biodanza. Il primo livello di integrazione che le persone sentono ha proprio a che fare con il semplice piacere di fare quello che si fa. La pratica è molto progressiva, e certamente il contatto con l’altro è favorito e facilitato, ma nulla viene forzato o indotto. Ogni sessione di Biodanza è caratterizzata da una profonda organicità, e la struttura organica è riconoscibile a prescindere dal contesto o ambito in cui ogni sessione avviene: si inizia con un momento di attivazione fisica, con la sollecitazione del nostro sistema nervoso simpatico per poi passare gradualmente alla sollecitazione del sistema parasimpatico, fino ad uno stato di rilassamento che prelude infine a una morbida riattivazione finale. Si tratta di un lavoro sull’identità, ma sempre nella dimensione dell’inter-relazione con gli altri. È un lavoro di integrazione con l’altro, come simile, e con l’oltre, come ciò che ci trascende.
Quale è, in sintesi, la o le teorie su cui si appoggia la pratica della biodanza?
Alla base della Biodanza, come dice il termine stesso, c’è la vita nella sua universale interezza e quindi contiene in sé, in un approccio sistemico, molti diversi aspetti teorici: biologia, fisiologia, psicologia, filosofia, mito. Esiste cioè un importante substrato teorico che Rolando Toro ha sempre cercato di difendere da qualsiasi etichetta New-Age che facilmente veniva apposta alla pratica. Si parte sicuramente da un fondamento biologico-organico perché la pratica porta da subito a risultati significativi su questo piano. Attraverso la Biodanza si induce un’autoregolazione organica, si va cioè a stimolare il potenziale di salute proprio di ognuno. Quest’autoregolazione si basa sull’alternanza nell’attivazione dei sistemi simpatico e parasimpatico. Nello stesso tempo la pratica fa leva su una dimensione di rieducazione affettiva perché l’umano, oggi più che mai, ha bisogno di una pedagogia dell’affettività. Innanzitutto ritrovando la comunicazione con sé stesso, dato che sempre più spesso facciamo fatica a riconoscere le nostre emozioni e istinti più profondi. La Biodanza può condurre a una nuova conoscenza di noi stessi come esseri umani.
I quattro elementi come forze intrinseche dell’essere umano: come si concretizza questa idea nella pratica della biodanza?
La Biodanza è una pratica che in modo progressivo accompagna processi che possono essere anche molto profondi: il percorso che permette di recuperare la propria libertà di espressione consente parallelamente di cominciare a familiarizzare con le proprie percezioni ed emozioni, per accedere a piani di profondità sempre maggiori. Vengono trattati e, letteralmente, “danzati” alcuni aspetti teorici che possono facilitare l’accesso a parti di noi stessi. La Terra, l’Acqua, l’Aria e il Fuoco sono elementi primordiali della natura. “Ovunque presenti come elementi fisici, come archetipi, come simboli e come nutrimento quotidiano, costruiscono un ponte tra il nostro presente e le radici dell’umanità, tra il nostro corpo e i regni della natura, tra il microcosmo individuale e il macrocosmo del mondo”. Le ricerche sul simbolismo archetipico dei quattro elementi realizzate da Jung e Bachelard consentono un approccio di grande interesse riguardo l’identità delle persone: oltre ad essere gli elementi costitutivi dell’universo, sono interpretabili come quattro forze intrinseche all’essere umano, possono cioè rappresentare aspetti del nostro essere, del nostro carattere, del nostro temperamento, della nostra maniera di vivere, della nostra identità. Ogni individuo ha in sé componenti dei quattro elementi in proporzioni diverse. Le difficoltà dell’esistenza si producono quando qualcuno degli elementi non può manifestarsi. Il Fuoco rappresenta l’impulso, la passione, l’erotico; l’Aria la libertà, il sogno, il respiro, ma anche la distanza dal quotidiano; l’Acqua rappresenta la fluidità, il non incastrarsi in situazioni, lo sciogliere conflitti, la sensualità, il piacere e l’abbandono; la Terra rappresenta, infine, la concretezza, il primordiale, il profondo, le radici. La Biodanza cerca di integrare in noi tutte queste componenti per riuscire a sentirle danzare dentro di sé, nell’umana contraddittorietà.
In che modo la Biodanza può aiutare gli anziani, specialmente in questo periodo di incertezza psico-emotiva e limitazioni del movimento fisico?
Da un anno ormai siamo in questa situazione e sono state bloccate tutte le attività che prevedono l’incontro in gruppo. L’estate scorsa sono riuscita a fare alcune proposte all’aperto, in mezzo alla natura, ma la pratica in palestra resta preclusa. Credo che le persone anziane, le persone in casa di riposo, ma anche gli adolescenti e i giovani, avrebbero veramente bisogno di una pratica come questa per tutto quello che abbiamo detto finora. Io non credo nella pratica della Biodanza attraverso piattaforme virtuali, per me è, e resta, un’attività in presenza, pur con distanziamento e mascherina, ma in presenza. Non si tratta solo di esercizio fisico, ma di relazione, del riappropriarsi di sé in mezzo agli altri.
In che modo è cambiata la sua vita nel 2020? Che lezione sente di aver tratto dopo un anno di pandemia?
Io mi sono fermata e sono rimasta in osservazione, mantenendo, almeno virtualmente, i contatti con le persone che seguivo. È stato un anno di apprendimenti infiniti, il primo lockdown è stato per me una vera vivencia, mi ha catapultato in un’improvvisa esperienza di differente percezione del tempo, uno stato di coscienza espansa molto interessante. Io mi sono abbandonata, sono stata nella fluidità di ciò che accadeva, apprendendo nuove formule per poter riportare fuori questa pratica non appena ce ne sarà la possibilità.
Un augurio e un consiglio ai soci di Terza Università per questo 2021
L’augurio è quello di non mollare, mantenersi aperti alla conoscenza, nella consapevolezza che non smettiamo mai di imparare da tutte le esperienze della vita, quelle positive e quelle negative. E di non cascare nella tentazione di dire “ci è stato rubato un anno di vita” perché, invece, in quest’anno di vita abbiamo probabilmente imparato moltissime cose, non buttiamole via, sono preziose.
Mi ha interessato molto. Ottima intervista, coinvolgente